Riesling Spatlese feinherb, Bachracher Kloster Furstenal, Alte Reben, Mittelrhein, 2009, weingut Dr. Randolf Kauer, 12 gradi.

Certi incontri sono casuali, ma nascondono perle che svelano orizzonti. Acquistai questo Riesling molti anni fa in un’enoteca quasi invisibile, camuffata tra gli ingressi dei tanti palazzi di un quartiere residenziale di Amburgo dove abitava e tuttora abita un amico mio carissimo; né saprei ritrovarla. Come oggi ne ricordo la porta d’entrata un po’ rialzata da qualche scalino, massiccia, verde-azzurra come le mura dell’edificio, finestre più che vetrine dove erano esposte le bottiglie; e l’interno minimale del pari, i pavimenti di legno e l’aspetto da appartamento privato piuttosto che da negozio. Lì era una signora che presidiava l’attività, a lei sconsolato chiesi consiglio stante la mia scarsa conoscenza dell’epoca: cercavo Riesling, ma non ne vedevo né di zone né di produttori almeno per fama da me conosciuti. La signora mi interrogò, ascoltò, mi propose tra gli altri questo di Randolf Kauer, che comperai forse senza nemmeno troppa convinzione. Ella però m’aveva capito, lo realizzo ora che dopo tanto tempo lo apro e che qualche conoscenza in più sul vino l’ho accumulata. Questo è un Riesling tedesco decisamente originale e intrigante: forse solo un incontro casuale poteva farmelo giungere fra le mani. La maggior parte dei produttori tedeschi i vini dei quali l’appassionato può trovare correntemente sul mercato ha dimensioni d’azienda piuttosto imponenti, lunghe storie di continuità produttiva, filosofia viticolturale conseguentemente appropriata. Qui invece si ha la storia relativamente breve – circa tre decenni – di una piccola conduzione familiare, che coltiva i diversi appezzamenti vitati che ha saputo negli anni pazientemente radunare secondo protocolli biologici fin dall’inizio; che in cantina opera all’insegna della semplicità, con fermentazioni spontanee ed impiego di lieviti neutri solo “di soccorso”,  affinamento in botti grandi esauste e permanenza sulle fecce fini prolungata, nessuna chiarifica ed una sola filtrazione. Poi c’è la terra…Il settentrionale Mittelrhein non ha la fama della Mosella o del Rheingau o del Palatinato: se andrai in Germania sulle strade del vino – amico, amica che mi leggi- sarà non dico la tua seconda scelta, forse nemmeno la sesta o la settima, benché patrimonio dell’UNESCO. Però se guardi le vigne dei Kauer così pendenti e inerbite, che regalano un colpo d’occhio splendido sulle rive del Reno che riflettono la luce e si accendono di bagliori rossi al tramonto, infiammando i pampini e i tetti aguzzi di Bachracher che sembra un paese di fiaba antica, pensi il vino debba essere anche qui di valore, per forza. Non è vero, in fondo, che le vigne cercate dai Kauer hanno suoli ricchi di quello scisto così amato dal riesling? E difatti è così: qui c’è gran materia, se appena oltrepassi l’impatto visivo, timido nel suo giallo limone molto tenue, con lacrime assenti, formando piuttosto sul vetro del calice un velo a ragnatela. Sarà l’olfatto a guidarti la strada verso un mondo di freschi profumi, floreali e citrini: fiore d’arancio, gelsomino, viola; sostenuti però da un’ossatura marcatamente minerale: il petrolio oscuramente attrattivo e la luminosità della sabbia di una spiaggia al sole cogente estivo. Di corpo, dotato di acidità netta e asciutta, in equilibrio tra potenza e immediata freschezza guiderà la sua strada attraverso il tuo palato, solleticando con superba eleganza opposte corde del gusto: decisamente abboccato e ricco all’attacco, prosegue molto sapido e sulla salinità fruttata chiude, irradiando e persistendo. L’ho trovato eccellente, per opposizione di contrari, su una meridionalissima mozzarella di bufala.