Montescudaio Rosso Riserva 2009, Fattoria Poggio Gagliardo, 14 gradi.

Quaglie allo spiedo e spiedini, poi un pecorino fresco di latte crudo, dalle alture pesciatine, raro prodotto del pistoiese: questo era il menù.

Mi infilai nel cunicolo stretto della cantina, il buio illuminato da una torcia appena e dalla finestrella; fruga fruga: “Si potrebbe aprire questo”: un Montescudaio Riserva vecchio di 10 anni, un Sangiovese in purezza.

Montescudaio, borgo bellissimo alle spalle della costa di Cecina, di antica tradizione mineraria. Montescudaio, terra etrusca: la Gens Caecina, secondo il nome latino di questa famiglia, o piuttosto i Kaikna, marca ancora oggi la toponomastica.

Montescudaio: terreni salini e ricchi di minerali, escursioni termiche più marcate che sulla costa, maggiori precipitazioni: il mare cede il passo al colle.

Montescudaio: zona vinicola, tra le meno note DOC e DOCG toscane.

Portai sulla tavola la bottiglia con l’etichetta blu, un po’ vecchio stile. Ne cavai il tappo lungo, di sughero intero.

Versai nei calici.

Una sorpresa color rubino: un rubino convinto, trasparente, scintillante, bellissimo, giovane con appena qualche cenno granato sul bordo e gocciole molto lente, irregolari, persistenti.

Eccolo il Montescudaio. Eccolo il Sangiovese.

Un profumo molto intenso, molto complesso, distinto, disteso, etereo con aristocratica discrezione. In evoluzione, con tanti tratti ancora giovanili. Rosa, viola e glicine dipingono un quadro primaverile che trascolora subito nell’estate novella di prugna, ciliegia, amarena, lampone, mora, mirtillo, fresca dei balsami di eucalipto, di conifera. Sotto, quasi a venare il quadro di malinconia autunnale, il cuoio, l’inchiostro, il solvente, l’humus, cenni di incenso e di legno palo santo, infine l’inverno del sanguinaccio, del ferro bagnato, del carciofo: già il limitare di primavera, il cerchio della vita si chiude.

Un sorso di sapore, ben presente e di stoffa. Vino fine e corposo, più di struttura che di massa, possiede dirittezza ed equilibrio di spigoli armonici, non di rotondità: in questo è molto toscano. Tannico di uva matura, il nerbo acido vivace e dissimulato, gentilmente salino, giustamente lungo, è lieve e lento all’attacco, poi accelera e cresce, sfumando bene nel finalcalmo e tranquillo, chiamando ancora e ancora con gioia alla beva.

Una combinazione sorprendente di solarità mediterranea e di snellezza montana, espressa in classico rigore.

Colto oggi, forse, marzo 2019, al suo massimo splendore.

Ho un ricordo bello di un pomeriggio estivo di millanta anni fa, rientrando dalle spiagge di Cecina, quando mi persi là, nell’immensità delle colline della Fattoria di Poggio Gagliardo: uno spazio ancora completamente verde, a perdita d’occhio, dove la natura e la mano dell’uomo sembravano trovare l’arcadico equilibrio. Una tenuta storica, tradizionale, appartata, enorme: 391 ettari, 56 a vigneto. In acque cattive, secondo il Tirreno del 1 febbraio di quest’anno: destinata all’asta e, presumibilmente, a cambiare.

Spero di non dover dire un giorno: “Peccato”, ripensando a un Sangiovese, a un Montescudaio così, di questa purezza e caratura.

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